Il 2021 è in Italia e nel mondo l’anno delle celebrazioni dantesche: ricorrono infatti i 700 anni dalla morte del poeta, in occasione dei quali sono previste iniziative e festeggiamenti in tutto il territorio nazionale e in molte città all’estero.  

Dante Alighieri morì a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, all’età di 56 anni, ammalatosi di malaria mentre faceva ritorno da un’ambasciata a Venezia. La sua salma venne sepolta presso la Chiesa ravennate di San Pier Maggiore (oggi San Francesco) e da allora non ha mai lasciato la città romagnola, nonostante le numerose richieste da parte della città natia del poeta, Firenze. 

Dante e San Bernardo 

La figura di Dante, incarnata nella sua opera più conosciuta, si lega ad uno dei personaggi fondamentali per la storia del monachesimo, in particolare di quello cistercense: San Bernardo di Clairvaux, fondatore anche dell’Abbazia di Chiaravalle Milanese nel 1135. Sebbene i due uomini vivano a duecento anni di distanza, ritroviamo la figura del santo nella parte conclusiva della Comedia. 

Dante lo introduce nel Canto XXXI del Paradiso, quando il poeta, giunto ormai nell’Empireo (il più alto dei cieli, secondo la teologia cattolica medievale), sta ammirando la Candida Rosa dei beatiDante si volge a Beatrice e le chiede di rispondere alle domande che si affollano nella sua mente, ma: 

 

«Uno intendea, e altro mi rispuose: 
credea di veder Beatrice e vidi un sene 
vestito con le genti gloriose.» 

[Pd. XXXI, 58-60] 

 

Dunque Dante, con sua grande sorpresa, vede accanto a sé un vecchio dall’aspetto venerando, il cui volto ispira benigna letizia e con l’atteggiamento devoto di un padre amorevole. A lui chiede dove sia andata Beatrice e il santo risponde che proprio lei lo ha chiamato come ultima guida di Dante nel viaggio in Paradiso, indicando il seggio nella Candida Rosa dove la donna ha ripreso il suo posto.  

Bernardo è la terza guida di Dante nel suo viaggio ultraterreno, dopo Virgilio (allegoria della ragione dei filosofi) e Beatrice (allegoria della teologia rivelata e della riflessione amorosa di Dio): la sua figura rappresenta l’esperienza di Dio, la contemplazione diretta, il fulgore divino che consente la fruizione del Suo aspetto con una sorta di suprema intuizione. È ciò che in alcuni testi dei Padri della Chiesa viene indicato come lumen gloriaeDante stesso ci dice che la sua mente fu «percossa / da un fulgore in che sua voglia venne»(Pd. XXXIII, 140-141). In questo senso, così come la filosofia razionale è subordinata alla teologia rivelata, anche quest’ultima è insufficiente di per sé a cogliere nella sua pienezza la sostanza divina, per cui è necessario un ulteriore aiuto da parte di Dio: non si tratta di un’esperienza totalmente irrazionale, poiché la visione della mente divina è comunque un atto dell’intelletto, ma ovviamente in essa vi è una forte componente mistica, rappresentata appunto dalla figura di San Bernardo. 

 

Bernardo invita Dante a osservare la parte più alta della Candida Rosa dei beati, soffermandosi in particolare sulla Vergine, per la quale egli dichiara di ardere d’amore, presentandosi infine come il suo fedel Bernardo. Attribuzione non casuale, considerando la fortissima devozione che l’ordine dei monaci cistercensi manifesta sin dall’origine proprio nei confronti della Vergine; inoltre, a San Bernardo si devono numerosi sermoni e preghiere indirizzati alla figura di Maria, ricchi di accenti amorevoli e filiali, tanto da indurre Papa Francesco a definire il santo «grande dottore della Chiesa e soprattutto tenero cantore della Madonna». 

Nel canto XXXII il santo illustra a Dante la disposizione dei beati nella Candida Rosa: una sorta di anfiteatro con sedili a forma di rosa, dove siedono le anime del Paradiso, fatte di luce bianca, pura e luminosa, tanto che è difficile riconoscerne i tratti. Sono disposte in due gruppi: quelle che hanno creduto in Cristo Venturo, e quelle che hanno creduto in Cristo Venuto. Bernardo inizia poi a descriverne l’ordine: ai piedi della Vergine c’è la bellissima Eva, madre del genere umano, sotto di lei Rachele, simbolo della vita contemplativa, che ha al suo fianco Beatrice, e quindi Sara, Rebecca, Giuditta, Ruth, che dette origine alla stirpe di Davide, e così via. 

Al termine di ciò, il santo introduce la santa orazione che prende avvio nel canto successivo. 

Il canto XXXIII, con cui termina la Comedia, è articolato in due parti: nella prima San Bernardo rivolge una preghiera alla Vergine Maria perché, grazie alla sua intercessione, Dante possa contemplare Dio, ultima salute e perfetta beatitudine; nella seconda parte compare la visione dell’Altissimo, che la mente umana non può comprendere e nessuna lingua può descrivere: il poeta potrà quindi offrirne solo un’immagine tenue e sbiadita, come chi si sveglia da un sogno meraviglioso. 

 

La preghiera di San Bernardo ha tono alto e solenne. Inizia con una lode a Maria (vv. 1-21), descritta con espressioni che esprimono concetti di significato opposto per sottolineare come l’incarnazione sia un mistero incomprensibile agli uomini:  

 

«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio, 

tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura. 

Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore. 

Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace. 

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali. 

La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre. 

In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.» 

[Pd. XXXIII, 1-21] 

 

Segue poi la supplica a favore del poeta (vv. 22-39), che la Vergine mostra di accogliere, volgendo lo sguardo verso Dio: 

«Li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi ne l’orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati; 

indi a l’etterno lume s’addrizzaro,
nel qual non si dee creder che s’invii
per creatura l’occhio tanto chiaro.» 

[Pd. XXXIII, 40-45] 

 

Bernardo allora, con un sorriso, invita Dante a guardare suso, ma il poeta già stava contemplando la luce etterna, «l’amor che move il sole e l’altre stelle».